“Il temperamento è dato dalle differenze individuali nelle tendenze comportamentali
che affondano le loro radici nella biologia, che sono presenti all’inizio della vita
e che sono relativamente stabili sia in situazioni che in tempi diversi”
– William Bates
Cos’è il temperamento secondo la scienza? Innanzitutto, il concetto di temperamento è molto antico e lo dobbiamo nientemeno che a Ippocrate (460-370 a.C.)! Il medico greco pensava che, in una persona, la maggior quantità di uno dei quattro umori corporei, ossia sangue, flemma, bile gialla, bile nera, era alla base della manifestazione in quella persona di quattro tipologie di temperamento:
- Il sanguigno, (sangue): persona allegra e ottimista, che esprime affetto agli altri e si mostra sicura di sé;
- Il flemmatico (flegma): soggetto freddo e razionale, che non si lascia coinvolgere nelle relazioni;
- Il collerico: (bile gialla): persona appassionata ed energica ma che s’arrabbia con facilità;
- Il melanconico (bile nera): triste, introverso e riflessivo.
L’idea di Ippocrate fu poi ripresa ed ampliata da Galeno (130-200 d.C.), che cercò di spiegare come le caratteristiche fisiologiche fossero responsabili delle diverse manifestazioni comportamentali. Secondo Galeno, in più, l’equilibrio tra i fluidi corporei manteneva le persone sane, morali e intelligenti, mentre il loro squilibrio portava alla malattia, all’amoralità ed alla follia (ma questo lo riprendo in un altro articolo).
Le idee di Ippocrate ed Galeno furono dominanti nel Rinascimento e si tramutarono più tardi nelle idee di Lombroso (1835-1909), che era convito che i tratti somatici fossero lo specchio della personalità e potessero essere indice o meno di delinquenza. La scienza più tardi lo smentirà, sebbene ci sia sempre qualche nostalgico del medioevo pronto a definirti in base al giorno di nascita o guardando attentamente una tua fotografia (badate bene, questi sono solo dei ciarlatani!).

In psicologia il termine “temperamento” viene usato per indicare la mescolanza degli aspetti innati della personalità.
Che vuol dire? Che la personalità si considera formata da due componenti fondamentali: il temperamento, che viene determinato geneticamente e cioè lo ereditiamo da mamma e papà, e il carattere, cioè l’influenza dell’ambiente sull’individuo, cioè come mamma e papà nutrono o al contrario bloccano l’espressione di quel tipo di temperamento.
Quando parliamo di temperamento, quindi, ci riferiamo a quella parte innata della personalità determinata dall’eredità genetica e di fatto, è il fattore della personalità che si manifesta per primo e determina la modalità di risposta del neonato, e poi del bambino, all’ambiente.
Per valutare ogni modalità propria dell’individuo di rispondere agli stimoli ambientali, lo psicologo considera l’intensità, la frequenza e la soglia delle risposte affettive. In questo modo, nei neonati è già possibile distinguere diversi tipi di temperamento.
Tutti coloro che si occupano di bambini piccoli osservano tipicamente modalità differenti nell’approcciare e reagire alle diverse situazioni: spesso sentiamo dire che quel bambino o quella bambina “ha un carattere forte” o, al contrario, che “è timida/timido” e per di più le mamme in particolare possono affermare che già da quando il bimbo o la bimba era in utero “aveva un bel caratterino” o “era molto tranquilla”. Vero?

Il primo studio importante sul temperamento è il New York Longitudinal Study del 1977 a cura di Thomas e Chess, due pediatri, che hanno seguito lo sviluppo di 133 bimbi dalla nascita all’età adulta. Attraverso questo studio, essi hanno individuato nove “dimensioni” caratterizzanti il temperamento e sono giunti alla definizione di tre gruppi diversi di bambini in relazione al loro grado di adattamento all’ambiente esterno, ovvero:
- Bambini facili: tutti quei bambini che sono molto regolari nei ritmi biologici come pappa e sonno, mostrano risposte positive di approccio a situazioni e persone nuove, rapida adattabilità ai cambiamenti, umore positivo, livello non elevato di intensità delle risposte agli stimoli (per esempio, non si spaventano troppo se sentono un rumore forte e improvviso);
- Bambini difficili: tutti i bambini che presentano irregolarità nelle funzioni biologiche, reazioni di ritiro di fronte a situazioni nuove, lentezza nell’adattarsi alle situazioni nuove, umore negativo e irritabilità, risposte emotive di intensità elevata (per es., questi bambini hanno fame o sonno a orari imprevedibili, rifuggono dalle novità e sono spesso di malumore);
- Bambini lenti a scaldarsi: sono quei bambini che spesso definiremmo come “timidi” o “prudenti”, che stanno fermi ad osservare ciò che accade intorno a loro, senza coinvolgersi, fino a che non si sentono sicuri ad attivarsi ed a coinvolgersi con persone e oggetti.
Se la genetica gioca un ruolo nello sviluppo di un certo temperamento, i genitori generalmente non hanno alcuna influenza su questo. Ma ciò significa semplicemente che, all’inizio della vita, il bambino si relaziona al mondo con una modalità tutta sua e, nell’incontro con esso e con ciò che questo gli rimanda, si forma il carattere, che includerà attenuazioni o, al contrario, amplificazioni dei tratti temperamentali innati. Allora, come risponderà l’ambiente di cura a un bambino con un certo temperamento?
La risposta a questa domanda è importantissima perché conoscere le principali caratteristiche temperamentali del bambino può aiutare papà e mamme a comprendere meglio il proprio figlio.
Se un adulto ad esempio si relaziona con un bambino “difficile” che tende ad essere “esplosivo”, che si arrabbia facilmente faticando a calmarsi e ad essere calmato, può fare molta fatica nel suo lavoro educativo, sentirsi impotente, frustrato, in grande difficoltà e ciò a sua volta può influenzare la relazione che viene a costruirsi con lui. Essere consapevoli che il proprio bambino è un bambino difficile può cambiare il modo di percepirlo e quindi rispondere ai suoi bisogni di “bambino difficile” in maniera molto più adeguata poiché il genitore può comprendere come alcuni atteggiamenti e comportamenti siano dettati da caratteristiche innate e non volontarie, soprattutto nei primissimi anni di vita, quando il bambino fa ancora fatica a modulare le sue emozioni ed i suoi comportamenti in modo autonomo ed efficace.
Talvolta, se non teniamo conto del temperamento dei bambini, possiamo rischiare di metterli noi in difficoltà, anche involontariamente, in quanto non consideriamo a sufficienza l’impatto che l’ambiente può avere su di loro.

Sottolineo il fatto che un bambino con temperamento difficile non necessariamente manifesterà dei disordini di tipo comportamentale poiché il corso dello sviluppo dipende dall’interazione tra lui e l’ambiente che lo circonda, lo nutre, lo cura e lo educa, ma qualora l’ambiente non sostenga il bambino nel percorso di crescita in maniera adeguata, questo potrebbe faticare in diverse aree dello sviluppo, soprattutto a livello emotivo e sociale.
Tuttavia, quando, di fronte ad un bambino dal temperamento difficile, i caregiver rispondono con rabbia, ritiro, disciplina coercitiva, difficoltà a consolarlo può essere considerata una situazione a rischio.
Sarà quindi opportuno rivolgersi a un professionista che indichi il modo in cui i genitori possono adattarsi al meglio alle caratteristiche del bambino, tenendone conto e favorendo il suo processo di crescita.
Infatti, è possibile che un bambino con temperamento difficile possa fiorire positivamente in un contesto che è in grado di accogliere e comprendere il suo essere, fornendo accudimento, stimoli e attività adatte a lui ed a valorizzarne le caratteristiche mettendo da parte interpretazioni come “mi sfida” o “lo fa apposta per farmi arrabbiare”. Ma anche viceversa, un bambino con temperamento facile potrebbe faticare nel suo percorso di crescita qualora incontrasse caregiver con richieste eccessive e che faticano a capire i suoi bisogni etichettandolo come “pigro”, “timido”, “aggressivo”.
Essendo di origine genetica e frutto della costituzione ereditaria, il temperamento è difficilmente trasformabile, manipolabile o modificabile dalle conseguenze. In qualche modo, esisterà sempre questa tendenza; tuttavia, non è meno vero che possiamo contare su alcune risorse per potenziarne o inibirne la manifestazione. Dovrebbe essere l’ambiente ad adattarsi, per quanto possibile, al temperamento del bambino piuttosto che provare a cambiarlo!
Dott.ssa Annamaria Coniglio – Psicologa
3277096242 (solo whatsapp) – 3899096242
annam.conilio@gmail.com
Chess, Thomas&Birsch, “The Origins of Personality”
Gonzales-Mena&Widmeyer Eyer, “Infant, Toddlers and Caregivers”
Caprara, Gennaro (1994) Psicologia della Personalità, il Mulino, Bologna
Cloninger, C. R., Svrakic, D. M., & Przybeck, T. R. (1993). A psychobiological model of temperament and character. Archives of General Psychiatry, 50, 975-990.
Lingiardi (1996) I disturbi della personalità, Il Saggiatore, Milano
Arace A., Psicologia della prima infanzia, Mondadori, Milano, 2010
Chess S., Thomas A., Conosci tuo figlio. Un’autorevole guida per i genitori di oggi, Giunti, Firenze, 2008
Keogh B.K., Impulsivi, introversi, emotivi, apatici. Comprendere e valorizzare il temperamento e le differenze individuali, Erickson, Trento, 2006